Quanto incidono sulle possibilità di socializzazione e abituazione del cucciolo le condizioni ambientali nei primi mesi di vita, in allevamento o in ambito famigliare? Esaminiamole.

1 Agosto 2018 di Redazione

Effetti dell’isolamento

Quanto incidono sulle possibilità di socializzazione e abituazione del cucciolo le condizioni ambientali nei primi mesi di vita, in allevamento o in ambito famigliare? Esaminiamole.

Situazioni di cinico allevamento intensivo (centinaia di nascite all’anno) o di puro stampo mercantile come le famigerate “fiere del cucciolo”, massicce importazioni da pseudo allevamenti stile “carri bestiame” destinate ai negozi o a “rivenditori” multirazza, sono ovviamente quanto di peggio possa capitare in termini di possibilità di socializzazione, senza entrare nel merito, tragico, dei puri e semplici disastri igienico-sanitari connessi a tali pratiche. In ambito di allevamento classico, le condizioni di vita nella fase neonatale e poi all’inizio del periodo sensibile possono essere le più varie: in box-nursery appositamente costruiti e collocati nell’area destinata all’allevamento oppure in casa dell’allevatore, che vuole avere costantemente sott’occhio la cucciolata; in semplici box in muratura simili a quelli dove vivono i cani adulti dell’allevamento; in recinti a cielo aperto con una tettoia o una cuccia per riparare dalla pioggia e così via. Le cucciolate amatoriali o casuali possono usufruire di analoga sistemazione, ma spesso ci si attrezza direttamente in casa.

È facile intuire che se l’allevatore, professionale o amatoriale che sia, si limiterà a tenere i cuccioli in luoghi chiusi, isolati dal contesto ambientale, fino al termine del periodo sensibile e anche oltre (come spesso avviene, perché molti cuccioli lasciano il luogo di nascita non prima delle 12 settimane, cioè 3 mesi), le uniche possibilità di socializzazione rimaste riguarderanno, dal punto di vista intraspecifico, quasi esclusivamente i fratelli di cucciolata e la madre e, dal punto di vista interspecifico, l’allevatore stesso o chi per lui si occupi di nutrire i cuccioli una volta svezzati e di tenere pulito il box. Ci troveremo quindi di fronte, in media, a soggetti che sapranno interagire coni propri simili, perché la lunga coabitazione ha favorito l’insorgere di sistemi di intercomunicazione efficaci, limitati però essenzialmente ai cani di razza identica o molto simile alla propria.

Perchè evitare l’isolamento del cane

La prova è facile da individuare osservando come, quasi sempre, cuccioloni appartenenti a una stessa tipologia, per esempio lupoidi come il Pastore Tedesco o Belga, riescano immediatamente a “giocare” secondo i medesimi canoni (inseguimento reciproco, lotta ludica con ampio balenar di denti eccetera), mentre tra esemplari giovani di razze molto differenti, per esempio molossoidi quali il Boxer e lupoidi, il gioco, se scatta, è molto improvvisato e basato su comportamenti mediati dalle rispettive attitudini di reattività resistenza, mobilità, comunicazione verbale e para-verbale (mimica facciale, posture e così via). Dal punto di vista dell’abituazione agli stimoli ambientali, invece, i cuccioli che hanno vissuto questo tipo di isolamento, aggravato magari dalla monotonia e dall’assenza di sollecitazioni differenziate, svilupperanno facilmente un tipo di nevrosi a causa della quale risulteranno facilmente ipersensibili, timorosi o comunque a disagio quando esposti a rumori sconosciuti e/o incontri con persone, animali e oggetti diversi per aspetto, voce, età e odore da quelli, pochi, con cui hanno interagito o che hanno incontrato durante il periodo sensibile

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