La sindrome di Chiari consiste in una malformazione cerebrale che colpisce prevalentemente cani di piccola taglia. Ecco i sintomi

13 Gennaio 2021 di Ilaria Aceto

La sindrome di Chiari consiste in una malformazione del cervello, nello specifico della fossa cranica posteriore. Questa condizione può affliggere i nostri cani ma ne esiste una molto simile anche per noi umani. La clinica veterinaria Pedrani offre un’accurata descrizione della malformazione, che è caratterizzata da un’inadeguatezza della fossa cranica posteriore a contenere il cervelletto.

Il cervelletto tende a erniare nel forame magno e a determinare la compressione del sottostante midollo con conseguente accumulo di liquido spinale in una cavità che viene a formarsi nel midollo cervicale stesso, definita Siringomielia.

La sindrome di Chiari colpisce prevalentemente i cani di piccola taglia, soprattutto se brachicefali come Bulldog Francese, Chihuahua, Pechinese, Volpino di Pomerania, Carlino e Shih Tzu. La razza più soggetta è tuttavia il Cavalier King Charles Spaniel, nel quale probabilmente la trasmissione è genetica, autosomica e recessiva.

Ecco i sintomi più comuni della sindrome di Chiari:

  • Dolore al collo
  • Postura inclinata della testa
  • Mancanza di coordinazione
  • Debolezza dell’andatura sugli arti posteriori
  • Prurito nella zona delle spalle o del collo
  • Grattamento fantasma (il nostro cane simula il gesto del grattare senza un effettivo contatto con la superficie corporea)

Questi sintomi possono apparire nel corso di tutta la vita dei nostri amici di casa, dai 6 mesi ai 10 anni. Quando li notiamo, è bene portare al più presto il nostro partner a quattro zampe da un veterinario per una diagnosi accurata. Questa viene effettuata tramite una risonanza magnetica, l’unica in grado di identificare la presenza delle alterazioni descritte in precedenza.

La prognosi della malformazione varia a seconda dell’età del nostro cane ma ci sono anche molti altri fattori di cui tener conto, per esempio la gravità dei sintomi e delle lesioni ma anche la presenza di altre patologie concomitanti, neurologiche, cardiache o respiratorie.

Dunque, farsi accompagnare da un neurologo o neurochirurgo veterinario e affidarsi ai pareri degli esperti è la soluzione migliore.

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