La scorsa settimana Valentine Bulich è stato sbranato da un orso, che non l'ha riconosciuto perché aveva indosso la mascherina. Ma il problema è un altro: perché teniamo ancora gli animali imprigionati?

24 Ottobre 2020 di Chiara Pedrocchi

Il circo non è fatto per gli animali. Non ci stancheremo mai di ripeterlo. In questo ambiente gli uomini fanno violenza sugli animali, imprigionandoli e costringendoli ad andare contro la loro natura.

Ma gli animali, a volte, si ribellano.

È quello che è successo al Great Moscow State Circus, uno degli spettacoli circensi più famosi della Russia, dove Valentine Bulich, di soli 28 anni, è stato ucciso da un orso, che gli ha strappato via persino il cuoio capelluto. Pare che l’orso non l’abbia riconosciuto perché Valentine era entrato nella gabbia per una pulizia di routine, dimenticandosi di togliersi la mascherina. Ma il punto focale è che l’orso Yasha, che si esibisce al circo da tempo, non doveva trovarsi lì.

Senza voler mancare di rispetto in alcun modo alla memoria di quello che non era che un giovane, vittima di una logica specista che dà per scontato che gli uomini possano dominare su tutto il mondo e su tutte le creature, è impossibile non notare come questo sia solo uno degli episodi che dovrebbero ricordarci che l’essere umano non è onnipotente e che non può cambiare l’ordine delle cose né la loro natura.

Senza il bisogno di andare in Russia per assistere a episodi del genere, una situazione simile si è verificata a Bari nel 2019, quando Ettore Weber fu sbranato da una tigre davanti agli occhi della moglie mentre provava lo spettacolo. Il domatore stava addestrando quattro animali contemporaneamente quando è stato azzannato da uno di loro, al quale si sono aggiunti gli altri tre.

L’ENPA (Ente Nazionale Protezione Animali), che da sempre si batte per impedire la presenza degli animali nei circhi, ha ripetutamente evidenziato come nei circhi gli animali vengano continuamente snaturalizzati, fino alla loro alienazione, poiché rinchiusi in pochi metri quadri quando i loro habitat naturale sarebbero la savana, la foresta, la giungla.

Per costringere gli elefanti ad alzarsi sulle zampe posteriori, gli viene appoggiato un ferro rovente sotto la gola. Ai felini vengono limati i denti ed estratti gli artigli in modo da renderli inoffensivi. Per piegarne la volontà prima dell’addestramento, le tigri vengono stese in terra, con le zampe strettamente legate e percosse con bastoni fino a quando si rendono conto che ogni reazione è inutile. Fra i metodi d’addestramento vi è anche la privazione di acqua e cibo. Alcuni animali non imparano mai, la loro volontà non può essere piegata, così muoiono per le ferite o semplicemente per inedia, perché sono talmente disperati e rassegnati che si rifiutano di mangiare. O l’animale asseconda l’uomo o muore.

Generalmente è proprio così: l’animale è costretto ad assecondare l’uomo. Quando non lo fa, tuttavia, significa che è stremato, stanco. La domanda allora è: vogliamo davvero continuare ad assistere a questo maltrattamento e a questa insensata logica per cui o l’uomo massacra l’animale o l’animale massacra l’uomo? Oppure vogliamo cogliere il messaggio che queste notizie ci lanciano e rispettare la natura degli altri esseri viventi, accettando di non poter decidere di tutto e di tutti?

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