In un comunicato stampa l’Oipa rende noto che un uomo è stato condannato a una multa di 20 mila euro per avere ucciso a calci la cagnolina Liù. Il Tribunale monocratico di Piacenza ha inoltre disposto a carico dell’imputato un risarcimento di 3 mila euro nei confronti dell’Oipa, che si è costituita parte civile, e il pagamento delle spese processuali quantificate in 3.400 euro.
A far scattare l’indagine dei carabinieri di Piacenza era stata la denuncia di una persona che aveva visto l’uomo prendere ripetutamente a calci la cucciola, di appena quattro chili e mezzo di peso, lungo la pista ciclabile di via Penitenti, nel quartiere Farnesiana, mentre la stava portando a passeggio. A quel punto, il pubblico ministero, per l’accertamento dei fatti, aveva disposto un’autopsia e l’esito dell’esame aveva effettivamente attestato che la morte di Liù era riconducibile a uno “shock emorragico da emotorace verosimilmente di natura traumatico, compatibile con i calci a livello di costato”. Commenta Massimo Comparotto, presidente di Oipa:
«I reati contro gli animali sono puniti con pene troppo esigue e nessuno finisce in carcere, neanche per i casi più gravi: le sanzioni vanno inasprite, affinché siano un vero deterrente contro il loro maltrattamento. Chiediamo alla politica di accelerare sulla riforma chiesta anche dalle associazioni. Occorre un giro di vite contro i reati che riguardano gli animali attraverso il disegno di legge in discussione nella Commissione Giustizia del Senato, che modifica le norme penali e civili in materia di tutela degli animali. Il fenomeno del maltrattamento degli animali resta preoccupante: le nostre guardie zoofile ricevono continuamente segnalazioni di maltrattamento, soprattutto per la cattiva detenzione. È tempo di adeguare la legislazione all’esigenza di una maggiore equità e rispetto nei confronti di quelli che già il Trattato di Lisbona del 2007 riconosce come “esseri senzienti”».
A ciò si aggiunge il fatto che i tempi della giustizia sono ancora troppo lunghi: basti pensare che il reato era stato commesso nel 2018 e la sentenza emessa “soltanto” tre anni dopo. Non possiamo far altro che unirci all’appello di Oipa e augurarci che ben presto le norme siano adeguate e le condanne siano ben più severe e tempestive.