Poiché negli ultimi anni è aumentato il numero di elefanti senza zanne, molti hanno parlato di evoluzione-lampo di questi pachidermi per sfuggire ai bracconieri. Ma la questione è ben più complicata. È innegabile che, negli ultimi decenni, gli elefanti siano stati tra gli animali più colpiti dagli esseri umani: si stima che dal 2007 il numero di elefanti in Africa sia diminuito di oltre centomila unità (molte delle quali uccise illegalmente).
Ma l’evoluzione è un processo complesso, e bisogna fare attenzione a chiamarla in causa con eccessiva leggerezza.
Capiamo insieme i punti principali di questa vicenda e gli aspetti problematici della questione.
Il caso del Parco nazionale di Gorongosa
Prendiamo come esempio il caso del Parco nazionale di Gorongosa, in Mozambico. La ricercatrice Joyce Poole, dell’associazione Elephant Voices, ha spiegato che nel parco sta succedendo qualcosa di inconsueto: dal 1996 in poi, un terzo degli elefanti è nato senza zanne, mentre in media gli elefanti senza zanne sono tra il 2 e il 6% della popolazione.
Perché proprio dal 1996? All’inizio degli anni ’90, in Mozambico, è terminata una guerra civile durata oltre dieci anni. Il metodo di finanziamento più efficace era proprio il bracconaggio a danno degli elefanti. Di questi non sono sopravvissuti che 200 esemplari femmina, la maggior parte di queste prive di zanne, poiché di poco interesse per i bracconieri. Il punto è che, anche tra gli elefanti femmine più giovani, nate dopo la fine degli scontri, il numero di esemplari senza zanne è comunque più alta della media.
Possiamo parlare di evoluzione?
La spiegazione data da molti, come già detto, rimanda all’evoluzione. Gli elefanti si starebbero infatti evolvendo per sfuggire ai bracconieri, e la selezione naturale li starebbe aiutando a sviluppare queste caratteristiche ereditatili favorevoli.
I punti da chiarire sono due: per prima cosa, per parlare di evoluzione bisogna studiare con attenzione non solo il fenotipo (l’aspetto esteriore) di un animale, ma anche il suo genotipo (la struttura genetica). Osservare le mutazioni senza uno studio approfondito può dunque trarre in inganno.
Il secondo punto è che non è sempre vero che la selezione naturale dà agli animali ciò che hanno bisogno agendo per il bene della specie. L’evoluzione è un processo senza intenzioni, dove talvolta le mutazioni casuali del Dna possono essere adattive ed essere trasmesse alle generazioni successive.
Luigi Boitani, professore ordinario di zoologia all’Università Sapienza di Roma, spiega i due possibili meccanismi utili a inquadrare il fenomeno degli elefanti senza zanne in Africa, anche se nessuno dei due è ancora certo.
Non è che gli elefanti hanno capito che senza zanne campano
di più. Questa è una cosa che non sta né in cielo né in terra dal punto di vista biologico. Il primo meccanismo si chiama deriva genetica. Quando una popolazione grande, che ha dentro tutta una sua variabilità genetica, viene ridotta quasi a zero, rimangono pochi individui, da cui riparte la popolazione. Se questi portano necessariamente alcuni dei caratteri genetici originari, allora la popolazione riparte sulla base di quello che era disponibile in quel ridotto numero di animali.
Il secondo meccanismo, invece, riguarda direttamente l’uomo:
L’uomo ammazza gli elefanti con le zanne grosse, lo fa ripetutamente, per cui nella popolazione viene selezionato negativamente il carattere delle zanne grosse. Questo è un percorso più lungo e dipende dalla dimensione della popolazione iniziale.
Come sappiamo, però, non è tutto oro ciò che luccica, e ciò che sembrerebbe essere un enorme vantaggio per gli elefanti rischia di essere per loro anche un enorme svantaggio. Non è detto, infatti, che gli elefanti possano fare a meno delle zanne, soprattutto i maschi. La perdita di questo carattere nelle prossime generazioni potrebbe dunque essere un problema.