Cosa è il microchip?
Il microchip è un dispositivo che si innesta sottopelle al gatto in grado di contenere dati che vengono letti da uno speciale dispositivo che si attiva se avvicinato all’animale. L’operazione è indolore e avviene senza sedazione dell’animale. Tuttavia è da considerare un atto medico, eseguita solo a cura di un medico veterinario iscritto all’Ordine professionale dei veterinari.
Quali sono i dati che vengono registrati?
I dati del gatto che vengono inseriti nel microchip a cura del veterinario sono: il codice identificativo del microchip, i dati del proprietario/detentore, nome, razza, sesso, segni utili di identificazione, età dell’animale, eventuale intervento di sterilizzazione, eventuale cambio di proprietà, eventuale segnalazione che il gatto risulti smarrito o rubato, eventuale decesso dell’animale.
Cosa dice la legge?
È ormai qualche anno che si discute su quanto sia auspicabile una legge dello Stato che renda il microchip obbligatorio anche per i gatti così come lo è già per i cani. La legge che prevede l’obbligatorietà del microchip per i gatti non è la prima operazione compiuta in Friuli in questa direzione: nel 2015 il Comune di Trieste aveva introdotto la “carta d’identità” per i gatti randagi.
Questi, così, erano stati dotati di un microchip che conteneva la data di sterilizzazione, l’età, la colonia di appartenenza e il responsabile di riferimento. All’epoca anche i privati avevano la possibilità di iscrivere i loro gatti alla stessa anagrafe, ma non era obbligatorio farlo.
Pordenone, dal canto suo, aveva avviato un’operazione del genere, rivolta però ai gatti dei privati, che prevedeva le spese di inserimento del chip a carico del Comune con un investimento di 10 mila euro per “microchippare” circa 1.250 gatti. Tuttavia non esiste ancora una legge, a livello nazionale, che impone l’obbligatorietà del microchip ai gatti, anche se sarebbe utile per contrastare tutti quei casi di smarrimento.