Vomito e diarrea del gatto: alcune regole da seguire
In caso di episodi di vomito e diarrea del gatto, la prima regola, è tenere il micio a digiuno per circa 18 o 24 ore. Il digiuno riduce la motilità dello stomaco e dell’intestino e, per i casi non gravi, basta questo a ridurre o eliminare il disturbo.
Che cosa sono il vomito e la diarrea?
Per vomito si intende lo svuotamento in senso retrogrado dello stomaco verso l’esterno, quando il contenuto gastrico, oppure muco e saliva, vengono risucchiati con movimento antiperistaltico dall’esofago ed espulsi attraverso la bocca. È importante distinguerlo dal rigurgito, che avviene invece quando ciò che è stato ingerito non è disceso completamente all’interno dello stomaco, ma si è fermato in esofago. Quando si tratta di vomito vero e proprio, bisogna osservare se a stomaco pieno o a stomaco vuoto.
Il sintomo diarrea si manifesta con un transito e un’eliminazione del contenuto intestinale velocizzati, senza riassorbimento della quota idrica: le feci sono sempre più morbide, fino a diventare acquose. Tra i sintomi da valutare per arrivare alla diagnosi, ci sono la frequenza delle scariche, la consistenza e il colore (marrone scuro, marrone chiaro, verdastro, nero o rosso) delle deiezioni.
Come si cura?
La prima cosa da fare è tenere il gatto a digiuno per almeno 24 ore: una terapia semplicissima, attuabile in qualsiasi momento (tranne che nei neonati), che può essere benefica perché mette a riposo l’apparato digerente, dandogli il modo di recuperare le sue funzioni. Se questo non basta a risolvere la situazione, bisognerà consultare il medico che potrà intervenire, a volte con una semplice correzione alimentare o con una dieta specifica, o magari introducendo integratori probiotici e prebiotici.
Oppure somministrando farmaci di vario tipo, facendo ricorso sia alla medicina convenzionale, sia alle tecniche terapeutiche cosiddette complementari o alternative. Dato che il gatto non è un paziente difficile, le soluzioni più praticabili sono le iniezioni, oppure le gocce aggiunte al cibo, piuttosto che frizionate sulla pelle, o magari l’agopuntura.
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