In questi giorni sulle coste della Tasmania si sta consumando una strage: oltre 500 balene si sono spiaggiate, e trovare una soluzione sembra impossibile.

28 Settembre 2020 di Ilaria Aceto

Una vera e propria strage si sta consumando in questi giorni in Tasmania, un’isola australiana situata a sud di Melbourne. Qui infatti, quasi 500 esemplari di globicefali dalle pinne lunghe, cetacei che possono arrivare a misurare 8 metri e pesare fino a 3 tonnellate, si sono spiaggiati sulle coste. Come riportato da Ansa, un primo gruppo di circa 200 individui era stato trovato arenato vicino alla spiaggia di Strahan, nel Macquarie Harbour. Dalle ricognizioni aeree che sono seguite, però, ne sono stati ritrovati molti altri nelle zone circostanti, facendo salire il numero di balene arenate a circa 470.

Si tratta di una delle più grandi stragi di cetacei mai registrate. La Repubblica ricorda anche quella del 1996, quando ben 320 globicefali si erano spiaggiati sulle coste dell’Australia occidentale; o quella del 2017, quando il numero di esemplari arenati sulle coste della Tasmania è salito a 600.

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Purtroppo, ancora oggi non si conoscono le cause di queste stragi. L’ipotesi più accreditata, secondo quanto sostenuto dal biologo Kris Carlyon, è che alcuni esemplari si siano avvicinati alle coste in cerca di cibo, rimanendo imprigionati dalle correnti e trascinati a riva, e che il resto del branco li abbia seguiti. Secondo altre teorie, invece, il gruppo potrebbe aver semplicemente commesso un errore di navigazione.

Le operazioni di salvataggio sono parecchio complesse. Per ricondurre in acqua ogni individuo sono necessari circa trenta minuti, e lo sforzo di gruppi di quattro o cinque persone. Inoltre, spesso i globicefali anche una volta riportati in acqua sono molto deboli, e non riescono a contrastare le correnti che li riconducono sulle spiagge della Tasmania. Si tratta dunque di un lavoro estenuante per i soccorritori, dipendenti del parco naturale ma anche pescatori e volontari, impegnati 12 ore al giorno nell’attività di salvataggio.

Delle quasi 500 balene arenate, purtroppo, più o meno 400 hanno perso la vita. Circa 80 sono state salvate, e molte altre attendono sulle coste della Tasmania, in agonia. I soccorritori non prevedono però un lieto fine della tragedia, proprio perché, come già detto, molti degli esemplari già ricondotti in mare sono stati trovati nuovamente spiaggiati.

Per questa ragione, come riporta Rai News, l’unica soluzione praticabile sembra purtroppo l’eutanasia. Carlyon ha dichiarato:

E’ stata una decisione difficile. Abbiamo cercato di riportarli a largo ma non è andata bene e riprovarci di nuovo non è fattibile, la cosa più umana è stata applicare l’eutanasia.

Cercare di ridurre al minimo le sofferenze dei cetacei è parsa dunque come l’unica via praticabile. Ad oggi, i primi esemplari, quelli per i quali le speranze di salvezza erano prossime allo zero, sono già stati abbattuti. Inoltre, a breve i soccorritori dovranno affrontare un altro problema non da poco: quello dello smaltimento delle carcasse. I corpi dei globicefali non possono sicuramente essere abbandonati sulle spiagge, in decomposizione. Una possibile opzione è quella di trascinarli in mare aperto, dove però rischiano di causare problemi non indifferenti alla navigazione. Ovviamente, una decisione in merito va presa quanto prima, affinché un problema sanitario non si sommi a tutte le difficoltà già esistenti.

Insomma, quella che si sta consumando in Tasmania è una vera e propria tragedia. Ad oggi, l’unica soluzione possibile e definitiva sembra quella di capire come mai  branchi di centinaia di cetacei finiscano per arenarsi sulle coste dell’isola, anno dopo anno, ed evitarlo. Purtroppo, ancora non si conosce la risposta a questa domanda.

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