Il cane pensa?
Noi appassionati ne siamo da sempre convinti: il cane pensa. In che modo però è un grande mistero, che la scienza cerca di chiarire ormai da anni. Ci sono stati molti passi avanti e ora abbiamo un quadro abbastanza chiaro di quello che passa per la testa del nostro amico a quattro zampe.
Si consola così
Se abbiamo una webcam che utilizziamo per controllare il cane mentre siamo fuori casa, probabilmente ci sarà capitato di vedere che, dopo la nostra uscita, spesso si mette ad annusare nei punti in cui siamo passati e magari cerca una ciabatta o una scarpa, da odorare o addirittura portarsi nella cuccia. Perché si comporta così? Il neuroscienziato Gregory Berns e il suo gruppo di ricerca della Emory University di Atlanta, Stati Uniti, hanno scoperto che uno stimolo olfattivo attiva il cosiddetto “nucleo caudato”, un’area cerebrale associata al piacere e alle aspettative positive. Lo studio è stato eseguito grazie alla risonanza magnetica, applicata su 12 esemplari svegli, un’assoluta novità rispetto alle precedenti analisi che erano state condotte solo su animali addormentati. La risonanza magnetica è una tecnica non invasiva e non dannosa, che quindi non ha procurato danni di alcun genere ai cani.
Addestrati alla pazienza
La sfida maggiore per Berns e il proprio gruppo è stata quella di addestrare i cani a restare fermi dentro all’apparecchio della risonanza, senza doverli sedare. Il lavoro è iniziato con due esemplari, Callie e McKenzie, una meticcia e una Border Collie, ed è durato due mesi prima di riuscire a ottenere i risultati sperati. Il primo studio, pubblicato nel 2012, ha mostrato che, davanti a un segnale che i cani abbinavano al cibo, si attivava il nucleo caudato, mentre se il segnale indicava che non avrebbero avuto da mangiare, questa parte del cervello restava spenta.
Nel tempo il gruppo di animali addestrati per poter svolgere gli studi è arrivato a 12 esemplari, con l’arrivo di Pearl, Eli, Libby, Kady, Stella, McKanzie, Caylin ma anche Zen, Tigger e Huxley, Myrtle e Callie.
Sdraiati con la testa all’interno del macchinario per la risonanza, adattato apposta per l’esperimento, ai cani sono stati fatti annusare cinque tamponi, impregnati con odori diversi: uno riproduceva l’odore dell’animale stesso, un altro quello di un cane sconosciuto e un altro ancora quello di un quattrozampe appartenente allo stesso nucleo familiare. Gli ultimi due erano di esseri umani: uno del proprietario e l’altro di una persona mai incontrata. L’odore del padrone è stato immediatamente riconosciuto e abbinato a un’emozione di piacere. Il secondo posto, in termini di risposta da parte dei soggetti, è andato all’odore dell’altro cane dello stesso nucleo familiare, mentre i tre rimanenti tamponi non hanno ottenuto reazioni.
Gli studi successivi
Utilizzando l’approccio ideato dal professor Berns, anche altri gruppi di ricerca sono riusciti ad applicare la risonanza magnetica a cani coscienti, in modo da studiarne le emozioni in rapporto agli stimoli esterni. È il caso di uno studio svolto dal Gruppo di Ricerca sull’Etologia Comparata Mte-Elte dell’Accademia ungherese delle Scienze di Budapest, Ungheria, e pubblicato sulla rivista Current Biology. Gli scienziati, guidati dal ricercatore Attila Andics, hanno addestrato 11 esemplari, di cui sei Golden Retriever e cinque Border Collie, a restare fermi nell’apparecchiatura mentre gli facevano ascoltare 200 parole e suoni, umani e canini. Successivamente, anche 22 volontari umani hanno eseguito l’esperimento. Il risultato ha evidenziato similitudini superiori al previsto nel sistema di elaborazione delle voci, tra cani e uomini, e ha dimostrato che quasi sicuramente il cane distingue non solo alcune parole, ma anche gli stati d’animo che trapelano.
Importanti differenze
Le similitudini tra l’elaborazione dei suoni da parte di cani e umani sono solo parziali, ma ci sono come previsto delle fondamentali differenze. Una delle più importanti, messa in luce dallo studio di Attila Andics, mostra che l’attivazione dell’area cerebrale di un cane in risposta ai suoni ambientali è del 48%, quella verso le vocalizzazioni di un altro cane è del 39% e quella legata alla voce umana è solo del 13%. La stessa analisi compiuta sugli uomini dimostra un’attivazione dell’87% verso le voci di altre persone e appena del 3% verso i suoni ambientali. In pratica, questo significa che il cane ha un’attenzione e una percezione dei suoni che lo circondano incredibilmente elevata rispetto alla nostra, che invece si concentra quasi completamente sulla comunicazione da parte di nostri simili. L’altro fattore che si evidenzia è che l’attivazione cerebrale del cane in risposta ai suoni emessi dai propri simili è tre volte superiore rispetto a quella causata dalla voce umana.
Ci capiscono e sanno chi siamo
Anche se per noi amanti degli amici a quattro zampe è un risultato scontato, ci fa piacere che anche la scienza sia ormai convinta delle capacità dei cani di interpretare le nostre parole e di riconoscerci rispetto ad altre persone, non solo a livello olfattivo. La conferma di questo secondo punto arriva da una ricerca compiuta dall’Università di Helsinki, che analizza le capacità cognitive dei cani: è emerso che i cani sono in grado di identificare i loro padroni anche guardandoli in fotografia. Per quanto riguarda invece la comprensione delle parole, un recente studio condotto al Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia, Germania, ha dimostrato che i cani ci capiscono persino meglio degli scimpanzé, che pur sono primati come noi. Probabilmente queste “sensibilità” canine nei nostri confronti si sono evolute durante le migliaia di anni passate insieme.