Il gambero di fiume italiano è salvo. Il progetto LIFE CLAW, che tutela il piccolo crostaceo d’acqua dolce, ha avviato l’attività di riproduzione per reintrodurre Austropotamobius pallipes nell’area dell’Appennino nord-occidentale di Emilia-Romagna e Liguria. Le nursery si trovano a Fontanigorda, in provincia di Genova, e nei comuni parmensi di Monchio delle Corti e Corniglio in Emilia.
Solo qualche settimana fa, i ricercatori avevano individuato le popolazioni donatrici di gambero di fiume, tutte sufficientemente abbondanti, geneticamente idonee e sane. Almeno 400 gamberi riproduttori, maschi e femmine, erano stati immersi nelle vasche dei tre centri riproduttivi. Secondo gli esperti, le future mamme hanno già deposto le uova dopo l’accoppiamento avvenuto a fine ottobre: la schiusa è in programma per la prossima estate. Una volta nati, i gamberetti resteranno da soli, mentre i genitori torneranno liberi. A differenza del “cugino” di mare, il gambero d’acqua dolce non ha una fase larvale: fin dalla schiusa, l’animale è, infatti, già adulto. L’intero progetto scientifico terminerà il prossimo settembre, quando i nuovi nati saranno rilasciati negli stagni.
Secondo l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN), il gambero di fiume italiano è in pericolo di estinzione a causa della crescente antropizzazione degli ecosistemi acquatici. Anche l’introduzione di specie alloctone contribuisce alla scomparsa del crostaceo d’acqua dolce. Ed ecco perché, nel corso degli ultimi 50 anni, la popolazione di gambero di fiume autoctono ha subito un rapido declino in tutta Europa, tanto che in Italia la sua presenza è ormai limitata a piccoli laghetti, ruscelli o torrenti ben ossigenati.
Già nel pieno dell’emergenza sanitaria, oltre 200 persone, tra guardie ecologiche, pescatori, guide ambientali escursionistiche, naturalisti e studenti universitari avevano contribuito a contenere un esercito di gamberi alloctoni, i quali, senza il prezioso intervento umano, avrebbero sterminato i loro “parenti” di acqua dolce.