Ci sono mamma gorilla mentre si prende cura dei suoi cuccioli, un primate che scruta un paesaggio e uno scimmione nascosto tra la vegetazione. Gli occhi profondi e tristi di questi parenti dell’uomo sembrano avere capito il dramma della pandemia. Le restrizioni imposte ai viaggi hanno bloccato l’industria turistica dell’Africa, una vera e propria ricchezza per le aree protette del continente: dal Parco Nazionale del Virunga, in Congo, alla Riserva Forestale Dzanga-Sangha, nella Repubblica Centrafricana. Eppure, se le misure anticovid possono causare difficoltà economiche, la tutela sanitaria dei gorilla li protegge da una malattia che potrebbe sterminarli.
Ed è stato proprio per questo che, in Africa centrale, qualche mese fa i ranger erano già pronti a rispondere ai focolai di Covid tra i primati con rigide misure sanitarie. Il ricordo dell’epidemia di ebola era – ed è tutt’oggi – ancora scottante. Anche perché vent’anni fa la malattia aveva avuto un impatto devastante sulle grandi scimmie: in alcuni territori erano morti, infatti, il 95% dei gorilla.
Mentre la variante Omicron corre, il graduale ritorno alla normalità nei parchi africani è cominciato con rigidi protocolli di sicurezza. Ed ecco perché la Riserva Forestale Dzanga-Sangha chiede agli ospiti non solo di essere vaccinati contro il Covid-19, ma anche di sottoporsi a un tampone rapido. I gorilla sono giganti fragili da tutelare, a qualsiasi costo. Proprio per questo il WWF è sempre in prima linea per aumentare la consapevolezza sulle malattie zoonotiche all’interno delle comunità locali e indigene.
E se, prima o poi, il Coronavirus sarà un lontano ricordo, il bracconaggio è l’altra grande battaglia da combattere per garantire un futuro ai gorilla. In questo caso, nessun vaccino, ma solo una nuova cultura ambientale per il benessere di tutti gli abitanti del pianeta Terra.
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