La cheratocongiuntivite secca può colpire gli occhi dei cani e provocare diversi disturbi visivi. Scopri come riconoscerla e curarla.

28 Maggio 2023 di Redazione

Nota anche con la sigla KCS, la cheratocongiuntivite secca può colpire gli occhi dei cani e provocare diversi disturbi visivi, fino ad arrivare alla cecità. Scopriamo di che cosa si tratta e come intervenire.

congiuntivite cane

Differenza tra cheratocongiuntivite secca e congiuntivite

La cheratocongiuntivite secca è una patologia comune nel cane che spesso, però, è male diagnosticata o non individuata. Interessa la parte anteriore dell’occhio e in particolare la cornea, che va incontro a una progressiva disidratazione dovuta a un’insufficiente produzione del film lacrimale. Poiché la cornea non è vascolarizzata, la presenza di un film lacrimale normale è indispensabile per la salute dei tessuti.

Per questo, ogni volta che ci si trova di fronte a un “occhio rosso” accompagnato da uno scolo mucoso o muco-purulento, dobbiamo capire se si tratti di una banale congiuntivite batterica o allergica oppure di una cheratocongiuntivite secca.

Per confermare o escludere la diagnosi bisognerà eseguire lo Schirmer Tear Test, una prova non invasiva in ambulatorio in grado di valutare l’entità della produzione lacrimale.

Cheratocongiuntivite secca cane: diagnosi

La diagnosi precoce di cheratocongiuntivite secca consente di attuare una terapia specifica che, se intrapresa negli stadi iniziali della malattia, permette di arrestare la progressiva opacizzazione della cornea e la conseguente comparsa di cecità, garantendo un buon successo terapeutico.

Per confermare il sospetto di KCS il veterinario, come già accennato, deve eseguire il test di Schirmer, una prova che consente di misurare la produzione del film lacrimale, fornendo informazioni di indiscusso valore diagnostico.

cheratocongiuntivite secca cane diagnosi

A questo scopo, viene inserita in ogni occhio una striscia di carta bibula graduata (una speciale carta assorbente) per rilevare, dopo un minuto, la quantità di liquido lacrimale prodotto. Si tratta di un’analisi semplice, non dolorosa per i nostri amici a 4 zampe.

Un occhio sano produce in un minuto tra 15 e 25 millimetri di lacrime, valori compresi tra 10 e 14 millimetri al minuto devono essere considerati sospetti (nel qual caso il test va ripetuto dopo un paio di settimane), mentre un risultato variabile tra 5 e 10 millimetri al minuto deve essere interpretato come un dato diagnostico probante della presenza della malattia.

Cheratocongiuntivite secca cane: sintomi

Un cane affetto da KCS manifesta una serie di problemi, la cui entità dipende dalla gravità della patologia. Tra i sintomi più comuni si riscontrano:

Infiammazione delle mucose congiuntivali, con secrezioni che si depositano all’interno della palpebra
Disagio in presenza di luce forte
Occhi spesso socchiusi
Prurito, bisogno di sfregare gli occhi con le zampe posteriori e di strofinare il muso contro il terreno o superfici ruvide
Cornea appare velata o coperta da una patina opaca

Incidenza e razze più predisposte

È importante sottolineare che la KCS riguarda il 4,6% dei cani, un soggetto ogni 22. Questa incidenza è quasi doppia nelle razze predisposte, quasi tutte caratterizzate da esoftalmo, cioè dalla sporgenza del bulbo oculare: tra queste vanno menzionate lo Yorkshire Terrier, lo Shih Tzu, il Bulldog Inglese, il Barboncino, il Carlino, il Cavalier King Charles Spaniel, il Boston Terrier e altre.

Come talvolta accade in medicina, s’ignora quali siano le reali cause alla base del problema e quali siano i fattori che determinano la diminuita produzione lacrimale.

Curare la cheratocongiuntivite secca

Non appena notate la comparsa dei sintomi sopraelencati, rivolgetevi al veterinario che vi indicherà la migliore strada da percorrere.

controllo occhio cane

Generalmente il trattamento si basa sull’applicazione di una pomata oftalmica a base di ciclosporina A. La terapia deve essere eseguita per tutta la durata della vita del cane ed è ben tollerata. I primi miglioramenti possono manifestarsi già dopo una decina di giorni dall’inizio del trattamento, anche se di solito occorrono in media sei settimane: per questo motivo è bene non scoraggiarsi e insistere con la regolare applicazione.

La risposta al trattamento dipende però in larga misura dal momento in cui si interviene: i risultati migliori si ottengono nei casi in cui la terapia viene intrapresa subito, mentre negli stadi terminali è possibile che non serva più.

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