Gabriele D'Annunzio amava Levrieri e Alani. L'ultima poesia del poeta simbolo del Decadentismo italiano è dedicata proprio ai cani.

23 Aprile 2022 di Redazione

Quando Gabriele D’Annunzio (poeta simbolo del Decadentismo italiano) andò in villeggiatura a Marina di Pietrasanta, in provincia di Lucca, portò con sé tutti i suoi 29 cani. Proprio per questo, secondo le cronache dell’epoca, un macellaio toscano arrivava ogni mattina con un carretto carico di carne, così da fare banchettare gli affamati cuccioli. È solo un episodio della vita di Gabriele D’Annunzio, il Superuomo della letteratura italiana del Novecento, che aveva un profondo legame con Levrieri e Alani. Proprio per questo motivo al “Vittoriale”, ultima residenza dannunziana a Gardone Riviera, sul lago di Garda, si intuisce davvero l’amore del Vate per i quattro zampe.

Una residenza che omaggia gli amici più fedeli del mondo

Ci sono giardini ricchi di biodiversità, piazze testimoni di incontri storici e un teatro all’aperto con vista mozzafiato. Sono almeno 180.000 le persone che ogni anno visitano il “Vittoriale degli Italiani”. La residenza di Gabriele d’Annunzio non custodisce soltanto una parte di Storia contemporanea italiana, ma racchiude anche gli aspetti più privati del poeta-soldato. Già, perché il parco della dimora ospita perfino un cimitero con le spoglie dei suoi inseparabili cani. Un’amicizia tra il Superuomo e i quattro zampe che è testimoniata anche nelle sale museo intitolate al “D’Annunzio segreto”. Proprio qui gli ospiti possono ammirare collari, guinzagli, documenti e fotografie dell’intellettuale ritratto con i suoi amati animali. Le statue dei cuccioli sono presenti, infine, al “Mausoleo degli Eroi”, monumento funebre che custodisce i resti dello scrittore.

L’ultima poesia di Gabriele D’Annunzio per i suoi cani

I cani sono stati gli unici amici fedeli di Gabriele D’Annunzio. Proprio per questo, secondo gli umanisti, il Superuomo originario di Pescara ha dedicato la sua ultima poesia, “Qui giacciono i miei cani“, ai suoi inseparabili amici, poco prima di morire il 1° marzo 1938.

Qui giacciono i miei cani

gli inutili miei cani,

stupidi ed impudichi,

novi sempre et antichi,

fedeli et infedeli

all’Ozio lor signore,

non a me uom da nulla.

Rosicchiano sotterra

nel buio senza fine

rodon gli ossi i lor ossi,

non cessano di rodere i lor ossi

vuotati di medulla

et io potrei farne

la fistola di Pan

come di sette canne

i’ potrei senza cera e senza lino

farne il flauto di Pan

se Pan è il tutto e

se la morte è il tutto.

Ogni uomo nella culla

succia e sbava il suo dito

ogni uomo seppellito

è il cane del suo nulla.

Lascia un commento