La parola risale all’entomologo americano Edward Osborne Wilson, morto pochi giorni fa. Ma perché è importante la "diversità di vita"?

7 Gennaio 2022 di Redazione

Sono il cambiamento climatico, la desertificazione e l’erosione del suolo alcuni fenomeni che minacciano la biodiversità della Terra. Un mondo sempre più povero di risorse naturali, ma ancora ricchissimo di vita. Milioni di piante, animali e microrganismi interagiscono, giorno dopo giorno, per tutelare l’unica casa che hanno. Anche Edward Osborne Wilson, l’entomologo americano scomparso recentemente a 92 anni, si è dedicato fino all’ultimo alla salvaguardia del nostro pianeta. Ed è stato proprio questo naturalista, nel 1986, a pronunciare per la prima volta “biodiversità”, parola entrata ormai nel linguaggio comune. Ma perché è così importante la “diversità di vita”?

Alla base dell’esistenza

Ci sono gli alberi, i polmoni verdi del mondo, le api, insetti indicatori della qualità ambientale, e gli uccelli, i signori del cielo. Edward Osborne Wilson ha definito la biodiversità come “la materia stessa della vita”. Una definizione ripresa poi nel suo libro Biodiversity, volume che ha cambiato la prospettiva della comunità scientifica sugli habitat della Terra, tutti pullulanti di vita: dalle foreste equatoriali agli abissi oceanici, fino al continente di ghiaccio. Sì, perché anche nella distesa bianca dell’Antartide ci sono esseri viventi che contribuiscono alla conservazione del nostro pianeta. Ed ecco perché il professor Wilson, considerato il Darwin moderno, ha spronato continuamente governi e opinione pubblica ad adottare politiche lungimiranti nell’interesse della natura. Perdere un habitat non significa, infatti, soltanto dire addio a un pezzo di biodiversità, ma anche mettere a rischio il futuro dell’intero popolo terrestre e acquatico.

L’amico delle formiche

Edward Osborne Wilson ha vinto ben due premi Pulitzer, è stato nominato tra i 25 americani più influenti del 1996 dalla rivista Time ed è stato autore di oltre 430 pubblicazioni scientifiche. Eppure, questo scienziato originario del Birmingham, in Alabama, è rimasto sempre quel curioso bambino che trascorreva ore nei boschi a studiare coccinelle, farfalle e libellule. Una passione diventata un lavoro, tra lezioni all’Università di Harvard e scrittura di libri, come The Ants, pietra miliare sulle almeno 15.000 specie di formiche esistenti. Ed ecco perché il professor Wilson è diventato perfino un luminare della mirmecologia, cioè una branca della zoologia che studia questi piccoli insetti presenti in ogni angolo del globo. Da qui, l’illuminante paragone tra formicaio e società umana, due mondi così complessi, ma così simili.

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L’amico delle formiche si è dedicato oltretutto alla sociobiologia, una disciplina secondo cui i comportamenti umani non sono determinati dall’educazione ricevuta o dal titolo di studio bensì dai geni. Proprio per questo il mirmecologo è stato accusato di sostenere l’eugenetica, ma il suo obiettivo è stato sempre impegnarsi per il benessere della “sua” Terra. Ed ecco perché, anche negli ultimi mesi, si è dedicato all’Half Earth Project, in cui scienza e tecnologia si fondono per mappare la distribuzione di specie viventi in tutto il globo. La fondazione che porta il suo nome – E. O. Wilson Biodiversity Foundationha già annunciato che renderà omaggio al padre della biodiversità nel corso del 2022.

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