La Legge 157/1992 sulla tutela della fauna selvatica compie 30 anni. Gli animali che popolano boschi e foreste sono considerati patrimonio indisponibile dello Stato italiano, soprattutto perché garantiscono la conservazione del pianeta Terra. Quel martedì 11 febbraio 1992 il Parlamento ha consentito oltretutto l’esercizio dell’attività venatoria, a patto di non compromettere la sopravvivenza delle specie selvatiche. Ed ecco perché la normativa ha inserito mammiferi e uccelli, già presenti sul territorio nazionale, in una lista speciale, così da proteggerli a ogni costo: dal cervo sardo al lupo, dal fenicottero al pollo sultano. Eppure, nonostante la Legge 157/1992, l’uomo continua ad agire indisturbato per sterminare i nostri amici selvatici a quattro (e a due) zampe. Proprio per questo l’Ente Nazionale Protezione Animali (ENPA) chiede di applicare realmente una legislazione utile a salvaguardare la biodiversità.
Come afferma Annamaria Procacci, Consigliera Nazionale ENPA e legislatore della Legge 157/1992:
«Vogliamo cogliere questo speciale anniversario per chiedere che la Legge 157/1992 venga applicata puntualmente. 37 articoli di un testo complesso e di forte cambiamento che ha introdotto un secco NO alla caccia primaverile, all'uccellagione dei privati, al nomadismo venatorio, alle fiere degli uccelli, a polenta e osei, al tiro al piccione e alla caccia sui valichi montani. Una Legge che ha chiarito le regole per chi esercita la caccia, che non rappresenta un diritto, bensì una concessione. Una Legge che ha recepito la Direttiva Europea Uccelli e le convenzioni internazionali e dichiarato Lupo, Orso, Rapaci e tante altre specie, come particolarmente protette; sottolineato l'importanza dei metodi ecologici per il controllo della fauna; definito il legame cacciatore-territorio; e garantito la protezione di tutte le specie di mammiferi e uccelli viventi sul territorio nazionale. Quello che oggi è davvero necessario è affrontare con nuovi strumenti il bracconaggio, vera piaga del nostro Paese, attraverso un sistema sanzionatorio molto più rigido. Il bracconiere è un ladro del patrimonio dello Stato».
Ed ecco perché gli animalisti continuano a denunciare un vero e proprio far west che si consuma nei polmoni verdi italiani. Carabinieri Forestali e animalisti perlustrano parchi nazionali e aree protette, ma i fucili dei bracconieri sparano senza sosta. Una delle ultime vittime è stata un’oca selvatica, specie protetta dalla Legge, uccisa da due cacciatori, subito segnalati all’Autorità Giudiziaria.
Come afferma Claudia Ricci, avvocato ENPA:
«Oltre il 50% delle violazioni in ambito faunistico rilevate da ENPA, soprattutto grazie al lavoro delle Guardie Zoofile e delle Forze dell'Ordine, attengono all'area della Legge 157/1992. All’interno si dividono in tre macroaree: la più ampia (oltre la metà) è quella dell’uccellagione, la seconda è quella di utilizzo di mezzi vietati per la caccia e la terza è quella dell'introduzione in aree protette. Purtroppo, sono violazioni molto sottovalutate dalle amministrazioni locali che invece dovrebbero avere il doppio ruolo di sorveglianza attiva e di sensibilizzazione nei confronti dei cittadini. Inoltre, gli enti locali dovrebbero essere i primi a costituirsi parte civile nei procedimenti, perché queste violazioni sul territorio attengono comunque a una responsabilità del sindaco. Invece, ciò non avviene quasi mai. Un rimedio che noi spesso chiediamo a fine giudizio, e che venga riportato in sentenza, è quello di comunicare all'autorità competente la sospensione e il ritiro della licenza di caccia. Bisognerebbe però dare delle pene accessorie molto più specifiche e dovrebbe essere inibito al soggetto l'esercizio dell'attività venatoria per lunghi periodi, tanti anni in base alla gravità del reato».