Nel 1967 esce "White Rabbit" dei Jefferson Airplane, scritta da Grace Slick. Nel giro di poco tempo diventa il manifesto della psichedelia.

6 Novembre 2020 di Chiara Pedrocchi

“White Rabbit” è una canzone dei Jefferson Airplane uscita nel 1967 nell’album “Surrealistic Pillow”. In breve tempo il brano è diventato un manifesto del rock psichedelico e nel 2004 il brano fu inserito al 478° posto dalla rivista Rolling Stone nella lista delle 500 canzoni migliori mai scritte.

Il brano fu scritto da Grace Slick, cantante del gruppo, quando ancora faceva parte dei Great Society, ma divenne una hit con la versione dei Jefferson Airplane.

Ma chi è il “White Rabbit” (Bianconiglio) che dà il nome al brano? Nessuna vena animalista a questo giro, solo un po’ di… droga! Il bianconiglio, in questo caso, è metafora infatti della psichedelia.

Chiaramente il riferimento principale del brano è il capolavoro “Alice nel paese delle meraviglie”, di Lewis Carroll, ma nel testo si fa riferimento anche a un’altra sua opera, “Oltre lo specchio”, tramite la citazione del cavaliere bianco. Altri personaggi citati sono la regina, a cui viene tagliata la testa, il Brucaliffo e il Ghiro.

Go ask Alice, when she’s ten feet tall
And if you go chasing rabbits,
and you know you’re going to fall
Tell ‘em a hookah-smoking caterpillar
has given you the call
And call Alice, when she was just small

(Vai a chiederlo ad Alice, quando è alta tre metri / e se vai a rincorrere i conigli, / e sai che finirai per cadere / digli che un bruco che fuma il narghilè
ti ha chiamato / e chiama Alice, quando era così piccola)

Il legame tra le opere di Carrol e le droghe è dato dal fatto che in questi e altri racconti per l’infanzia siano presenti “sostanze magiche” con il potere di far vivere ai protagonisti avventure straordinarie.

Poiché nel testo non c’erano riferimenti espliciti alle droghe, il testo passò in radio senza essere bloccato dalla censura.

Dal punto di vista musicale, Grace Slick dichiarò di aver risentito delle influenze dell’album di Miles Davis & Gil Evans Sketches of Spain, del 1960, e del bolero di Ravel.

La canzone è un crescendo irresistibile che si interrompe in modo inatteso concludendosi con il verso “Feed your head” (letteralmente: “Nutri la tua testa”).

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