Secondo le associazioni che tutelano i diritti degli animali, ad oggi sono circa 300.000 gli animali che passano tutta la loro vita stipati dentro le minuscole gabbie degli allevamenti. Si tratta di galline, conigli ed altri piccoli animali definiti “da cortile”, ma in alcuni casi anche di mucche, vitelli e maiali.
Quest’era di barbarie potrebbe però essere giunta al termine: dopo mesi di richieste, il Parlamento Europeo ha approvato in grande maggioranza il divieto delle gabbie di allevamento.
Uniti per gli animali
Un successo importante per “End the cage age”, comitato composto da 170 associazioni in lotta per i diritti degli animali, che in un anno è riuscito a raccogliere circa un milione e mezzo di firme per l’abolizione delle gabbie negli allevamenti. Assieme a loro anche un gruppo di 140 scienziati che, sotto la guida dell’etologa britannica Jane Goodall, ha inviato solo qualche mese fa una lettera alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, al vicepresidente Hans Timmermans e ai commissari all’Agricoltura Janusz Wojciechowski e Stella Kyriakides per esprimere il proprio sostegno all’iniziativa. E poi ancora cittadini, privati, piccole associazioni, ma anche grandi aziende del settore alimentare come Barilla e Ferrero hanno abbracciato la causa di “End the cage age”, dimostrando che il rispetto per gli animali e la loro dignità è trasversale e non debba conoscere confini.
Un futuro non così lontano
Gli attivisti di “End the Cage” si sono serviti dell’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE), un importante tipo di petizione istituzionalizzata che ha permesso l’incontro tra i vertici della Commissione e gli organizzatori della campagna. Affinché le richieste presentate secondo questa modalità vengano prese in considerazione, tuttavia, è necessario che l’ICE raccolga un milione di firme di adesione entro dodici mesi.
Un traguardo difficile da superare, ma non impossibile: “End the cage age” è riuscito brillantemente a dimostrare quanto i cittadini europei vogliano mettere fine alla crudeltà negli allevamenti.
Come ogni processo che riguarda una decisione su suolo europeo, il provvedimento per l’abolizione delle gabbie non verrà messo in atto a breve. Si dovrà tener conto, tra le cose, delle inevitabili rimostranze degli allevatori che da sempre hanno fatto dell’allevamento intensivo una fonte di guadagno facile. Stella Kyriakides, che segue da sempre la vicenda, si dice comunque fiduciosa che verrà presenta una proposta per la graduale eliminazione delle gabbie entro il 2023.
Un modo migliore di allevare
Lo scopo di questa enorme mobilitazione è quello di trovare un piano per eliminare l’allevamento in gabbia ma che sia comunque in grado di sostenere gli agricoltori che andrebbero in perdita durante questa fase di transizione con un dovuto sostegno economico. Il passaggio a questa nuova era dell’allevamento sarà perciò graduale. La Commissione, d’altra parte, cerca già da qualche anno di trovare un modo per rendere l’allevamento animale più etico e solidale con iniziative come “Farm to fork”, che punta a rendere il più diretto possibile il rapporto tra produttore e consumatore. Da tempo l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha cominciato inoltre a condurre esperimenti scientifici sulle condizioni psico-fisiche degli animali all’interno delle gabbie. Esperimenti che dimostrano che nessuna vita può essere felice nelle attuali condizioni estreme degli allevamenti. Nella sua lettera all’Ue Jane Goodall scrive:
Abbiamo osservato galline salvate dagli allevamenti intensivi: ognuna aveva una personalità distinta, tutte mostravano emozioni come il piacere e la paura. Un numero crescente di ricerche scientifiche lo sostiene e non c’è dubbio che la vita racchiusa in una piccola gabbia causi grandi sofferenze
Un modo migliore di allevare c’è, fortunatamente, e sembra che ci stiamo muovendo verso la giusta direzione. L’abbandono dell’allevamento in gabbia è senza dubbio un traguardo enorme per la lotta contro lo sfruttamento degli animali. Rimane la speranza che il prossimo passo sia rivedere le condizioni di trasporto degli animali a scopo alimentare, troppo spesso trattati come mera merce da stipare senza alcuna empatia.