MYLAV, laboratorio nazionale di analisi veterinarie, chiarisce i dubbi che ci si pone prima di adottare un pet tra le mura domestiche.

18 Gennaio 2022 di Redazione

Che sia un monolocale in città o una villetta in campagna, le famiglie italiane trovano sempre spazio per i loro amici a quattro (e a due) zampe. A confermarlo è stata l’indagine di “Euromonitor International 2020”. Secondo la ricerca, i nostri connazionali convivono con ben 62 milioni di animali d’affezione: dai 30 milioni di pesci ai 16 milioni di cani e gatti, dai 13 milioni di uccelli ai quasi 4 milioni di piccoli mammiferi e rettili. Se la condivisione della casa con un pelosetto rappresenta un’esperienza di vita, la presenza di un pet può causare incomprensioni e litigi con i vicini. Ed ecco perché MYLAV, laboratorio nazionale di analisi veterinarie, ha realizzato una guida per accogliere al meglio Fido e Micio in condominio.

Che cosa dice la legge?

Già da dieci anni i regolamenti condominiali non possono impedire a un proprietario di casa di ospitare un animale tra le mura domestiche. La storica svolta, che è arrivata dopo l’entrata in vigore della Legge 220/2012, ha rivoluzionato la normativa sul possesso di pet in condominio. Il provvedimento continua a vietare però ai soli inquilini in affitto la convivenza con cani, gatti, uccelli, piccoli mammiferi e rettili. La legge ha normato la quotidianità tra condomini a due e a quattro zampe, ma il detentore del cucciolo deve mantenere puliti gli spazi comuni.

E se il cane abbaia?

Il cane abbaia per natura. Il nostro amico a quattro zampe latra o ulula per segnalare una situazione di disagio o pericolo. Proprio per questo non c’è una legge chiara e univoca per disciplinare il comportamento di Fido. Ed ecco perché, in caso di battaglia legale tra due condomini, il giudice deve trovare un bilanciamento tra le norme dello Stato e la sua personale sensibilità per gli animali. Di certo, il proprietario del cane ospitato in condominio ha il dovere di educarlo, così da limitare i problemi di vicinato.

Ma quali pet tra le mura domestiche?

È la legge a disciplinare il possesso di specie animali tra le mura domestiche. Se la giurisprudenza non vieta l’adozione di cani o gatti, la normativa ammette la convivenza con pappagalli tropicali, serpenti o ragni a particolari condizioni. Proprio per questo l’aspirante proprietario di un pet esotico deve fare richiesta al Ministero dello Sviluppo Economico, così da accertare l’adottabilità della bestiolina. Sì, perché l’acquisto di alcuni animali è regolamentato dalla Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES) del 1973. C’è poi la Legge 150/1992 della Repubblica italiana che prevede perfino l’arresto per chi detiene fauna protetta. La liberazione di animali tropicali in natura causa oltretutto un danno all’intero ecosistema.

Come spiegano gli esperti di MYLAV:

«Avete presente la tartaruga Trachèmis scripta elegans? Forse il nome non vi dice niente, ma se vi dicessimo che è comunemente nota come “Tartaruga dalle orecchie rosse”? Stiamo parlando della più classica delle tartarughe casalinghe, quella con le due bande rosse ai lati della testa. Queste testuggini americane sono state in passato importate, allevate e detenute in grande abbondanza nel nostro territorio. E, spesso, incautamente abbandonate. Come i gamberi della Louisiana, queste tartarughe si sono riprodotte in maniera incontrollata e grazie alla relativa assenza di predatori nella loro catena alimentare sono state un grave danno per flora e fauna italiane».

MYLAV, che qualche settimana fa aveva spiegato come comportarsi con un cane anziano, ha realizzato anche il podcast “Amici Animali” per raccontare l’incredibile mondo dei nostri coinquilini a quattro (e a due) zampe.

in condominio

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