Un sintomo da non trascurare mai: gli occhi arrossati possono essere dovuti alla cheratocongiuntivite secca. Scopriamo cos’è e come curarla.

19 Luglio 2021 di Redazione

Sebbene per il nostro cane la vista non rappresenti il senso principale (sappiamo benissimo come il primo sia l’olfatto, indispensabile per una corretta vita di relazione), i suoi occhi sono comunque molto importanti e rappresentano un bene prezioso, che deve essere costantemente tutelato, giorno dopo giorno.

Tra i sintomi più comuni che possono riguardare questi organi, e che rappresentano uno dei motivi più frequenti per cui il proprietario si rivolge al veterinario per una visita oftalmologica, bisogna ricordare l’arrossamento, comunemente definito “occhio rosso”, a sua volta legato a numerose malattie. La cheratocongiuntivite secca, o KCS, è una di queste ed è pericolosa perché può portare alla cecità, se non viene curata tempestivamente.

Un dubbio da risolvere

La cheratocongiuntivite secca è una patologia comune nel cane che spesso, però, è male diagnosticata o non individuata. Interessa la parte anteriore dell’occhio e in particolare la cornea, che va incontro a una progressiva disidratazione dovuta a un’insufficiente produzione del film lacrimale. Poiché la cornea non è vascolarizzata, la presenza di un film lacrimale normale è indispensabile per la salute dei tessuti.

Per questo, ogni volta che ci si trova di fronte a un “occhio rosso” accompagnato da uno scolo mucoso o muco-purulento, è doveroso capire se si tratti di una banale congiuntivite batterica o allergica oppure di una cheratocongiuntivite secca. In questo caso, l’esecuzione dello Schirmer Tear Test, una prova non invasiva in ambulatorio, in grado di valutare l’entità della produzione lacrimale, può confermare o escludere la diagnosi.

Razze predisposte

È importante sottolineare che la cheratocongiuntivite secca colpisce circa il 4,6 per cento dei cani, una percentuale non elevata. Questa incidenza, però, è quasi doppia nelle razze predisposte, quasi tutte caratterizzate dalla sporgenza del bulbo oculare: tra queste vanno menzionate lo Yorkshire Terrier, lo Shih Tzu, il Bulldog Inglese, il Barboncino, il Carlino, il Cavalier King Charles Spaniel, il Boston Terrier e altre. Come talvolta accade in medicina, s’ignora quali siano le reali cause alla base del problema e quali siano i fattori che determinano la diminuita produzione lacrimale.

Come riconoscerla

Un cane affetto da questa malattia ha le mucose congiuntivali infiammate, spesso con secrezione vischiosa più o meno abbondante. Tende a tenere gli occhi socchiusi, dimostra un certo disagio in presenza di luce forte e avverte un fastidio costante, se non un vero dolore, che lo induce a sfregare gli occhi con le zampe anteriori, a grattarsi con gli arti posteriori e a strofinare il muso contro il terreno o le superfici ruvide. La cornea appare velata, se non ricoperta da una sorta di patina opaca.

Accade frequentemente che il cane abbia un deficit visivo: si muove in modo lento e circospetto, in certi casi addirittura a tentoni, come se non riuscisse a orientarsi adeguatamente nell’ambiente circostante.

Una terapia facile da applicare

La KCS viene curata con una pomata oftalmica a base di ciclosporina A. La terapia deve essere eseguita per tutta la durata della vita del cane ed è ben tollerata.

I primi miglioramenti possono manifestarsi già dopo una decina di giorni, anche se occorrono in media sei settimane: per questo è bene non scoraggiarsi e insistere con la regolare applicazione. La risposta al trattamento dipende però in larga misura dal momento in cui si interviene: i risultati migliori si ottengono nei casi in cui la terapia venga intrapresa precocemente, mentre negli stadi terminali è possibile che non serva più. Il farmaco in questione può essere impiegato anche in presenza di eventuali danni corneali, per esempio abrasioni o vere e proprie ulcere, e non predispone a infezioni dell’occhio. La ciclosporina A è disponibile in Italia ed è venduta in farmacia, con ricetta, o fornita direttamente dal veterinario.

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