Sebbene per il nostro cane la vista non rappresenti il senso principale (sappiamo benissimo come il primo sia l’olfatto, indispensabile per una corretta vita di relazione), i suoi occhi sono comunque molto importanti e rappresentano un bene prezioso, che deve essere costantemente tutelato, giorno dopo giorno.
Tra i sintomi più comuni che possono riguardare questi organi, e che rappresentano uno dei motivi più frequenti per cui il proprietario si rivolge al veterinario per una visita oftalmologica, bisogna ricordare l’arrossamento, comunemente definito “occhio rosso”, a sua volta legato a numerose malattie. La cheratocongiuntivite secca, o KCS, è una di queste ed è pericolosa perché può portare alla cecità, se non viene curata tempestivamente.
Un dubbio da risolvere
La cheratocongiuntivite secca è una patologia comune nel cane che spesso, però, è male diagnosticata o non individuata. Interessa la parte anteriore dell’occhio e in particolare la cornea, che va incontro a una progressiva disidratazione dovuta a un’insufficiente produzione del film lacrimale. Poiché la cornea non è vascolarizzata, la presenza di un film lacrimale normale è indispensabile per la salute dei tessuti.
Per questo, ogni volta che ci si trova di fronte a un “occhio rosso” accompagnato da uno scolo mucoso o muco-purulento, è doveroso capire se si tratti di una banale congiuntivite batterica o allergica oppure di una cheratocongiuntivite secca. In questo caso, l’esecuzione dello Schirmer Tear Test, una prova non invasiva in ambulatorio, in grado di valutare l’entità della produzione lacrimale, può confermare o escludere la diagnosi.
Razze predisposte
È importante sottolineare che la cheratocongiuntivite secca colpisce circa il 4,6 per cento dei cani, una percentuale non elevata. Questa incidenza, però, è quasi doppia nelle razze predisposte, quasi tutte caratterizzate dalla sporgenza del bulbo oculare: tra queste vanno menzionate lo Yorkshire Terrier, lo Shih Tzu, il Bulldog Inglese, il Barboncino, il Carlino, il Cavalier King Charles Spaniel, il Boston Terrier e altre. Come talvolta accade in medicina, s’ignora quali siano le reali cause alla base del problema e quali siano i fattori che determinano la diminuita produzione lacrimale.
Come riconoscerla
Un cane affetto da questa malattia ha le mucose congiuntivali infiammate, spesso con secrezione vischiosa più o meno abbondante. Tende a tenere gli occhi socchiusi, dimostra un certo disagio in presenza di luce forte e avverte un fastidio costante, se non un vero dolore, che lo induce a sfregare gli occhi con le zampe anteriori, a grattarsi con gli arti posteriori e a strofinare il muso contro il terreno o le superfici ruvide. La cornea appare velata, se non ricoperta da una sorta di patina opaca.
Accade frequentemente che il cane abbia un deficit visivo: si muove in modo lento e circospetto, in certi casi addirittura a tentoni, come se non riuscisse a orientarsi adeguatamente nell’ambiente circostante.
Una terapia facile da applicare
La KCS viene curata con una pomata oftalmica a base di ciclosporina A. La terapia deve essere eseguita per tutta la durata della vita del cane ed è ben tollerata.
I primi miglioramenti possono manifestarsi già dopo una decina di giorni, anche se occorrono in media sei settimane: per questo è bene non scoraggiarsi e insistere con la regolare applicazione. La risposta al trattamento dipende però in larga misura dal momento in cui si interviene: i risultati migliori si ottengono nei casi in cui la terapia venga intrapresa precocemente, mentre negli stadi terminali è possibile che non serva più. Il farmaco in questione può essere impiegato anche in presenza di eventuali danni corneali, per esempio abrasioni o vere e proprie ulcere, e non predispone a infezioni dell’occhio. La ciclosporina A è disponibile in Italia ed è venduta in farmacia, con ricetta, o fornita direttamente dal veterinario.