Scopri tutte le curiosità che legano i gatti all'Antico Egitto.

1 Dicembre 2022 di Redazione

Lo sapevi? I gatti erano già presenti nell’Antico Egitto, dove erano considerati animali sacri, eletti a “guardiani” dei raccolti. Continua a leggere l’articolo per scoprire tutte le curiosità che legano questo piccolo felino all’Egitto.

I gatti nell’Antico Egitto: l’inizio della loro storia

È difficile risalire con certezza a un periodo preciso in cui datare il primo incontro tra l’uomo e il gatto. Possiamo ritenere che qualche gatto sia stato “ingaggiato” dagli umani quando questi hanno cominciato a conservare grano e sementi. I gatto ricevevano cibo e riparo e in cambio tenevano alla larga topi e serpenti. Un racconto di questa collaborazione lo si vede nel papiro di Hunefer che mostra il Grande Gatto di Eliopoli, rappresentazione di Ra, mentre uccide il seropente Apopi.

 papiro di Hunefer

Congetture a parte, le prime tracce dell’amicizia tra uomo e gatto risalgono al 3000 a.C. quando, prima in Mesopotamia e, poi, nell’antico Egitto, i gatti divennero “ufficialmente” guardiani dei raccolti. Tuttavia, grazie a studi recenti condotti sul DNA di alcuni resti di gatti rinvenuti in siti archeologici, risalenti perfino a più di 8.000 anni fa, possiamo ritenere che i gatti domestici così come li intendiamo oggi discendono dal Felis Silvestris Lybica, gatto selvatico nordafricano che si sarebbe poi diffuso in tutta Europa incrociandosi con felini selvatici locali arrivando così a sviluppare varietà a pelo lungo che colonizzarono perfino il Nord del continente.

Sappiamo, per esempio, che i Vichinghi tenevano i gatti in grande considerazione portandoli con loro perfino sulle barche per tenere alla larga i topi dalle stive.

Uomo e gatto a fianco anche nelle tombe

Culto della dea Bastet

In Egitto il rapporto tra gatto e uomo si sviluppò in maniera incredibile al punto da riservare al prezioso guardiano di granai un posto tra le divinità protettrici. A partire dal 2800 a.C. si sviluppò, infatti, il culto di Bastet, dea benefica della fertilità e dell’abbondanza con il corpo umano e la testa di leonessa che, con il passare dei secoli, si trasformò in una più domestica gatta.

La dea divenne tanto importante da meritarsi perfino la fondazione di una città interamente dedicata al suo culto, Bubasti, in cui si tenevano sontuose cerimonie in suo onore. Inoltre, quando il gatto di casa moriva gli egiziani si rasavano i capelli e le sopracciglia in segno di lutto e chi usava violenza a un gatto veniva trattato alla stessa stregua di un comune delinquente.

Bubasti
Bubasti, la città tempio dedicata ai “gatti”

Non solo: proprio per omaggiare la natura sacra di questo animale si cominciò a mummificarli e a conservarli nelle tombe di faraoni e notabili. Queste mummie feline sono state riportate alla luce in grandi quantità e inviate in tutti i musei più importanti del mondo: solo al British Museum di Londra se ne possono ammirare a migliaia anche se le mummie di gatti furono importate in Inghilterra in tali quantità che molte di esse vennero sbriciolate e usate per fertilizzare i prati della città.

A oggi la più antica testimonianza archeologica a cui possiamo fare riferimento nel tentativo di cercare un punto di partenza per il processo di domesticazione del gatto sono i resti di gatto trovati nella tomba di un guerriero scoperta a Cipro nel 1983 e risalenti al 9000 a.C. Il piccolo felino era stato sepolto col suo padrone con il corpo orientato nella stessa posizione. Dal momento che non abbiamo prove del fatto che sull’isola di Cipro fossero presenti gatti autoctoni dobbiamo ritenere che questi preziosi animali venissero importati dalla Mesopotamia e tenuti in grande considerazione.

Una curiosità: sapevi che la bellezza dei gatti era considerata così divina che le donne egizie si truccavano proprio imitandone gli occhi?

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